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L’età Contemporanea (dal 1943 al 1945)

L'età Contemporanea (secolo XX 1943-1945)

Durante il conflitto il paese fu anche interessato dal fenomeno delle delocalizzazioni di industrie bolognesi che volevano evitare i danni da incursioni aeree. Nell’aprile del 1943 furono avviate le pratiche per il trasferimento della Società anonima FIM (Fabbrica Italiana Metallurgica), coinvolta nella produzione di radiatori «autarchici» senza rame e stagno che dovevano essere importati, avendoli sostituiti con ferro e piombo, per aeroplani per conto dell’Aeronautica militare, radiatori per automobili, serbatoi per combustibili liquidi e gassogeni per autoveicoli e trattrici agricole, occupando 88 operai e 10 impiegati. Nel dicembre del 1943, dopo l’arrivo a Castenaso, la produzione della FIM era tuttavia ripresa a ritmo ridotto, poiché l’impianto nella nuova sede non era terminato e a causa della mancanza di materie prime.

Altre due ditte avevano scelto la delocalizzazione a Castenaso: la Guizzardi Marino & Otello per la produzione di zoccoli di legno e la Società italiana recupero elettrolitico metalli (Sirem). Nel primo caso furono i proprietari a non dar seguito al trasferimento, mentre nel secondo lo stesso fu negato dalle autorità.

Nella primavera del ‘43 davanti al comune e contro il podesta’ vi fu una manifestazione di donne, madri e mogli dovuta dal fatto che egli aveva sospeso il sussidio statale alle famiglie dei combattenti, sussidio necessario per vivere. Il sussidio ai combattenti non veniva erogato perche’ il comune non mandava piu’ gli elenchi dovuti coi nomi dei beneficiari al Prefetto. Dopo la protesta e l’irruzione in comune delle donne il sussidio fu ripreso.

Il 26 luglio 1943, dopo la caduta di Mussolini, alla Baschieri & Pellagri si svolse uno sciopero, con l’invito rivolto agli operai e agli impiegati di raggiungere Bologna per partecipare alla manifestazione indetta dal Comitato Regionale della Unione Nazionale per la Pace e per la Libertà. Cio’ portò all’arresto di numerosi operai. La fabbrica, poi, dopo l’8 settembre fu occupata dalle truppe tedesche che ne mantennero il controllo fino all’Aprile del 1945.

In questi anni difficili, segnati anche dai bombardamenti alleati, l’area produttiva fu danneggiata a più riprese. Nel contempo, i vertici della società collaborarono attivamente con la Resistenza, contribuendo quindi alla lotta di Liberazione. Il dott. Adolfo (Dodo) Manfredi con un vero “revirement” rispetto alle sue convinzioni politiche precedenti, si prodigo’ per agevolare la fornitura di armi e munizioni ai partigiani e sostenne le rivendicazioni degli operai in occasione degli scioperi.

Dopo l’occupazione nazista del polverificio accadde un fatto strano: il maresciallo tedesco Muller, addetto ai controlli delle forniture ed ordini tedeschi, non si sa’ se per convincimento o senso della realta’, non ostacolo’ ed assecondo’ per quanto possibile il movimento partigiano, promuovendo inoltre la liberazione di operai (o presunti tali) del polverificio dopo le retate nazi-fasciste. Assecondato anche dal direttore Dodo Manfredi, facendo in modo che ad insaputa dei vertici nazisti la B&P diventasse l’arsenale clandestino dei partigiani Bolognesi. Il mar. Muller inoltre si prodigo’ per la liberazione degli uomini rastrellati subito dopo la battaglia del 21 Ottobre spacciandoli per operai del polverificio (cosa che in parte era vera).

Nell’azienda e’ forte l’attivita’ antifascista e si opera facendo pervenire esplosivi ed armi ai partigiani. Ma il prezzo da pagare e’ alto a Novembre 1944, Giorgio Maccaferri il direttore del polverificio, viene prelevato e portato via. Il suo corpo verra’ rinvenuto il giorno dopo in piazza Malpighi.

Durante l’occupazione susseguente alla caduta del fascismo, i tedeschi attivarono anche un Ospedale militare collocandolo nell’edificio del comune nel frattempo trasferito a villa Lorenzini a Marano (via Marano 14).

Nell’inverno del 1943 si costituì il distaccamento di Castenaso della Settima brigata Gap (Gruppi di azione patriottica). Più tardi si costruirono anche le prime Sap (Squadre di azione patriottica), che come i Gap dipendevano dall’organizzazione militare del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), guidata localmente da Bruno Tosarelli, che nel frattempo era stato liberato dal carcere.

Annunciato l’armistizio, l’8 settembre 1943, anche a Castenaso, a seguito degli indirizzi diffusi dall’organizzazione comunista provinciale, il magazzino pieno di grano venne assaltato dalla popolazione, che spinta dalla fame, con sacchi e recipienti vari, in una giornata riuscì a svuotarlo quasi totalmente.

Gli operai del polverificio scioperarono ancora nel gennaio 1944 per l’aumento dei salari e delle razioni dei generi alimentari e nuovamente il 3 marzo dalle 11 a fine giornata, per una distribuzione equa dei grassi, il miglioramento della mensa e l’assegnazione di copertoni per le biciclette, con il supporto della cittadinanza che protestò davanti al Municipio. Due giorni prima avevano manifestato anche i contadini, «rivelando un blocco unitario dei lavoratori» che preoccupò non poco i fascisti e il questore di Bologna.

In concomitanza con lo sciopero generale operaio del “triangolo industriale” (Piemonte, Lombardia e Liguria) dal 10 all’8 marzo 1944, anche a Bologna e nei comuni della provincia si astennero dal lavoro le maestranze delle industrie più importanti. Ancora a Castenaso, il 22 aprile “alle ore 10, circa 100 donne si adunarono davanti al municipio per lamentare la mancata distribuzione dei grassi e chiedendo la libera vendita del latte. Militi della GNR prontamente intervenuti, riuscirono a sciogliere l’assembramento”.

Il 14 giugno un gruppo di partigiani delle Sap di Castenaso tentò di disarmare il presidio fascista collocato a difesa del ponte ferroviario sull’Idice in localita’ Borgatella-Russo (S. Lazzaro), ma l’azione si rivelò un insuccesso e costò la vita a Elio Pasquali, primo caduto della Resistenza.

In quell’estate del 1944 venne anche ucciso il Podesta’ Umberto Vandelli, vero obiettivo dell’agguato ma incidentalmente persero la vita la moglie, la figlia e il fidanzato di quest’ultima che apri’ il fuoco e che erano con lui in quel momento. Al suo posto fu nominato un commissario prefettizio, Elio Chiodini, sostituito in ottobre da Alberico Baroni. Quest’ultimo, appena nominato, si prodigò per il rilascio di «molti cittadini» rastrellati dalle autorità germaniche, perché «indispensabili alle loro famiglie, alle aziende pubbliche e private».

Per impedire l’accumulo di grano e il suo invio in Germania nell’estate del 1944 la trebbiatura venne ostacolata e si svolse con notevole ritardo. Nel quadro di una serie di azioni a carattere pre-insurrezionale, coordinate dal CUMER: Comando Unico Militare Emilia Romagna, il 10 settembre fu attuata l’occupazione del municipio, sistemato nei locali della villa Lorenzini nella frazione di Marano. Circa 500 persone, scortate da 35 partigiani e guidate da Bruno Tosarelli e altri dirigenti antifascisti, penetrarono a forza negli uffici e distrussero i documenti anagrafici, che avrebbero potuto essere utilizzati dai tedeschi nelle loro razzie di uomini, e i ruolini delle tasse. Parlarono poi alla folla, chiarendo i motivi dell’azione. Nei giorni successivi l’azione partigiana continuò con il disarmo di un milite della GNR nel capoluogo l’11, con l’interruzione della linea ferroviaria Bologna-Massalombarda nella frazione di Villanova il 14, con il disarmo della caserma comunale della GNR presidiata da 12 militi, il 17.

Nello stesso mese fu compiuta una vasta operazione combinata tra partigiani e contadini del loro Comitato di difesa. Era stato indetto da parte dei tedeschi un raduno di bestiame e fin dal mattino presto del 23 settembre chi si presentò con le bestie per la consegna venne fermato dai partigiani, privato della cartolina-precetto e rispedito alla stalla di provenienza. All’ammasso giunsero solamente pochi capi. La reazione tedesca provocò la morte di altri (uno-due) giovani partigiani sorpresi mentre scortavano alla stalla di provenienza il bestiame. Purtroppo Bruno Tosarelli venne catturato ed ucciso dai fascisti il 5 ottobre a Bologna e il cadavere lasciato in strada.

Nell’agosto 1944 – subito dopo la liberazione di Firenze – il CUMER predispose un piano insurrezionale che sarebbe dovuto scattare in concomitanza con l’avvicinarsi delle truppe alleate alle città dell’Emilia-Romagna. Gli inglesi dell’VIII armata, che risalivano la costa adriatica, una volta giunti a Rimini avrebbero dovuto proseguire verso Ravenna e verso Forlì. Gli americani della 5a armata avrebbero dovuto puntare da Firenze verso Bologna e Imola. Il piano prevedeva la ridislocazione dalla montagna alla pianura nei pressi delle citta’ delle forze partigiane.

Venuto a conoscenza del piano il comando tedesco prese le contromisure necessarie.
Nelle campagne a nord-est di Bologna venne effettuata una grossa operazione di “bonifica”, eseguita da due colonne della 305a Divisione della Wehrmacht e uomini della Brigata Nera “Facchini” di Bologna che partirono da Castenaso e dalla Riccardina per chiudere in una morsa le varie basi ubicate nelle cascine intorno al corso del torrente Idice. I soldati penetrano nelle aie ed effettuano minuziose perquisizioni, arrestarono tutti gli uomini che trovano – contadini, braccianti, operai – e li tennero sotto la minaccia delle armi.

Nella casa Maccagnani del podere Mazzacavallo, tra le frazioni di Vigorso di Budrio e Fiesso di Castenaso, sono asserragliati quaranta partigiani del Battaglione “Pasquali” della IV brigata Garibaldi “Venturoli” e un numero imprecisato di partigiani delle brigate della montagna (36a “Bianconcini”, 62a “Camicie rosse” e 66a “Jacchia”), scesi in pianura in vista della imminente liberazione.

Una raffica contro un gruppo di nazifascisti impegnati nella caccia dà il via ad una battaglia che va sotto il nome di “battaglia di Vigorso”, tra forze impari. Dalle cascine intorno affluiscono verso casa Maccagnani decine di soldati della Wehrmacht. Entrano in funzione i mortai e per gli uomini del “Pasquali” non rimane scampo. Chi tenta di sfuggire all’accerchiamento viene abbattuto a raffiche di mitraglia.
Rimangono uccisi 8 partigiani. Con loro vengono giustiziati 7 abitanti nella cascina.

Dopo diverse ore di quella lunga mattinata, un gruppo di partigiani sottrattisi dall’accerchiamento di Vigorso, raggiunse, nella zona di Fiesso, il podere Prando e Palazzo e sostenne un nuovo combattimento con tedeschi e fascisti fino ad esaurimento delle munizioni. Poi, ritiratosi nel vicino rustico Possessione Corazzina, incappò nella rete dei rastrellatori che li fece prigionieri con le armi in pugno, ma senza più un colpo in canna. Solo pochi “ribelli” riescono a mettersi in salvo lanciandosi nel greto dell’Idice. I partigiani catturati, trascinati a Medicina, vengono identificati da un disertore cecoslovacco aggregato alla 62a brigata e 8 fucilati il 22 ottobre, dopo aver subito atroci sevizie nella locale “villa triste” occupata dalle SS.

Tra l’inverno del 1944 e la primavera del 1945 caddero altri partigiani castenasesi: alla fine il loro numero fu di 25. Ma in quell’autunno del 1944 le disgrazie non erano finite. Il 12 ottobre 1944 Castenaso subisce il bombardamento più grave di tutto il conflitto, viene distrutto il ponte sull’Idice e numerose persone muoiono. Non era il primo raid aereo che il comune subiva, gia’ a fine Luglio e ad Agosto il territorio aveva subito importanti danneggiamenti dovuti ai bombardamenti che non si interromperanno sino alla fine di Ottobre. Tra gli edifici privati danneggiati dai bombardamenti c’era anche lo storico Cinema Italia di Castenaso che tra i gravi danni aveva perduto anche la macchina per le proiezioni che aveva un valore di ben 160.000 lire.

Intanto l’avvicinarsi del fronte aveva lasciato ulteriori danni, a dicembre 1944 i soldati tedeschi avevano infatti razziato ciò che era necessario loro per alimentarsi sottraendo il patrimonio zootecnico a intere famiglie coloniche, un danno gravissimo che di fatto impediva di lavorare e di sostenersi. Solo pochissime famiglie erano infatti riuscite a sfollare coi propri animali. Inoltre i tedeschi avevano danneggiato buona pare degli edifici cittadini in cerca di legna per costruire rifugi, trincee e ripari da utilizzare nell’ultima fase del conflitto. Case ed edifici pubblici, come il municipio e le scuole, furono scoperchiati per ricavarne legno dalle assi dei tetti, cosi’ come vennero abbattuti innumerevoli alberi.

Foto dei danni di guerra; nella foto di destra La Boaria (zona Largo Molino presso la chiusa vecchia) distrutta dalla guerra. In secondo piano la casa colonica dei Serrazanetti (1945, Archivio storico del Comune di Castenaso).

Castenaso venne liberato il 21 aprile 1945, gran parte delle abitazioni del capoluogo era distrutta, come pure le strade e i ponti. Occorreva una notevole opera di ricostruzione. Su designazione del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) locale venne insediata una Giunta provvisoria e il sindaco nella persona di Pietro Tosarelli, socialista, protagonista delle lotte politiche e per il lavoro di vent’anni prima.

Lo stabilimento della Baschieri & Pellagri fu occupato dal 2^ Corpo polacco e di lì a poco ritornò alla proprietà, che si attrezzò immediatamente per ripristinare i danni e riavviare la produzione. Vengono recuperati i macchinari per la lavorazione delle polveri che erano stati interrati o nascosti nei fienili per evitarne l’asportazione da parte dei tedeschi in ritirata e viene riparato il deposito delle polveri distrutto in un’esplosione causata da una sigaretta dove avevano perso la vita alcuni soldati polacchi.

A mero titolo di cronaca si segnala come a Castenaso gli artificieri alleati trovarono alla fine della guerra una cassetta colma di fedi nuziali d’oro nel cortile della casa di un noto fascista locale in via della stazione. Purtroppo l’attivita’ di recupero e disinnesco delle bombe inesplose e delle mine lasciate dai tedeschi provoca altri 4 morti. Nella mattina del 4 settembre 1945 dopo aver raccolto ed accatastato almeno 60 ordigni nella stalla della fam. Bonetti in via Ponte Ferrovia, quattro cittadini persero la vita per un’accidentale esplosione del materiale. A ricordo del fatto, presso l’abitazione della famiglia, venne collocata dai famigliari dei caduti e tutt’ora visibile, una lapide a ricordo.