L'età Contemporanea (secolo XX 1920-1943)
In quei tempi (tra le due guerre) il paese era la chiesa lontana ed isolata, il resto nei pressi del ponte sull’Idice: il bar, la drogheria, la macelleria, il forno, l’osteria, il mulino, la scuola, il municipio la caserma dei carabinieri e c’era un nucleo abitato con un teatro alla Stellina: un semplice camerone proprieta’ fam. Canuto poi Pieralli. La Cassa rurale era ospitata nella canonica di S. Giovanni Battista. La scuola di Villanova fu progettata nel 1915 e consegnata nel 1918 mentre quella di Madonna nel 1919.
Castenaso viene descritto nel 1920 come un “Comune con 5/6.000 anime. Prima della guerra non esisteva che una limitata industria di conserve di pomodoro occupante alcuni corpi di fabbrica oggi appartenenti alla cooperativa operaia. Non ha a tutt’oggi impianto di illuminazione pubblica elettrica e manca di alloggi per i pochi operai forestieri delle officine cooperative.”
Il mulino pero’ ottenne in quegli anni la conversione ad energia elettrica cessando l’alimentazione idraulica creando pero’ nelle case limitrofe (abitato Molino) inconvenienti igienici causati dal canale non piu’ in uso che diventava ricettacolo di liquami e ristagni d’acqua. In tema di mulini e’ da segnalare che un nuovo mulino venne edificato a Villanova da Baviera Salvatore: il mulino Baviera. Anche se l’alimentazione era elettrica (40 kw) l’edificio che venne costruito e che e’ rimasto quello attuale, si colloca molto vicino allo scolo zenetta, canale ora interrato che attraversa l’abitato. Il mulino venne inaugurato nel Natale de 1925, anche se alcune fatture relative ai pagamenti dei lavori datano 1920. Tale mulino fu voluto “moderno”: a “cingoli” con macine, fariniera per macinatura e stipaggio, separatori per crusca e cruschello, coclea per trasferire i cereali nel silos. Era definito un mulino “francese”. [Alcuni mulini utilizzavano le mole silicee francesi di Fertè sous Jouarre, molto famose, assai richieste e molto costose. Nda] Il mulino cesso’ l’attivita’ nel 1966.
Si realizzò sempre in quegli anni (1924) anche il Cinema, collocato in “un fabbricato ad uso cinematografico e botteghe diverse”, edificio ove tutt’ora si trova, con la prima attività documentata avvenuta il 12 novembre 1925, anche se l’agibilità arrivò solo nel 1927.
La strada principale del paese (via S. Vitale) era ancora ghiaiata (verra’ asfaltata solo nel 1937, quando vi passo’ Mussolini per recarsi a Molinella all’inaugurazione del Municipio) e prevalentemente percorsa a piedi.
Le lotte operaie e mezzadrili condizionarono le elezioni comunali del 31 ottobre 1920. I socialisti castenasesi vinsero e nella seduta d’insediamento del nuovo Consiglio, tenutasi il 14 novembre, fu eletto sindaco Raffaele Bassi, dirigente della Cooperativa cave e ghiaia, presidente di quella proletaria di consumo e amministratore della Cooperativa macchine agricole. L’amministrazione socialista, che si insediò con l’obiettivo dell’«elevamento morale ed economico del proletariato» e per il soddisfacimento dei suoi impellenti bisogni, «specialmente nel campo dell’igiene», aveva tuttavia i giorni contati. Il movimento fascista, sostenuto dagli agrari, si stava organizzando anche a Castenaso.
Ad inizio 1921 l’agrario Galassi autorizzo’ i fascisti ad organizzare un campo para-militare nel fondo mezzadrile condotto dalla fam. Bolognesi nei presi del capoluogo. I fascisti sparavano a bersagli e bivaccavano li’ giorno e notte. Il mezzadro si lamento’ col padrone ricevendone pero’ solo sproloqui e solo dopo che egli, su consiglio di un avvocato, ebbe inviato una lettera di protesta scritta al Galassi, il campo fu levato. Il fascio locale si costitui’ ufficialmente il 10 aprile 1921 con 50 aderenti.
In quei giorni il segretario della sezione socialista, fu bastonato e invitato a lasciare il paese entro 15 giorni: pena la morte. Alla vigilia delle elezioni politiche del 15 maggio, il 30 aprile, si verificò una “spedizione” contro la Camera del Lavoro dove furono trovati il Sindaco Raffaele Bassi col fratello Luigi e gli assessori Roncarati Luigi e Tosarelli Pietro. Il Sindaco fu colpito al viso con un corpo contundente, vennero sfasciati alcuni mobili e lanciato un petardo contro l’edificio”.
Questi episodi portarono alla costituzione, nella seconda metà di luglio del 1921, a livello nazionale degli arditi del popolo, milizie inquadrate militarmente e non appoggiate dai partiti (anche se Stalin ne approvo’ la costituzione con addirittura un editoriale sulla “Pravda”), che non intendevano «più subire le prepotenze e le intimidazioni fasciste». A Castenaso si trattò di un’esperienza di breve durata. Dopo la sconfessione degli arditi da parte del partito socialista (che il 3 agosto firmo’ un effimero patto di pacificazione coi fascisti), i suoi aderenti vennero abbandonati alla repressione delle forze statali e alla violenza squadrista. A fare le spese di queste violenze fu il socialista Luigi Morini, ucciso da un fascista con un colpo di pistola la sera del 16 ottobre 1921, mentre si trovava a Bologna insieme ad un amico.
Il consiglio comunale e il sindaco, nonostante le ripetute minacce da parte dei fascisti locali e la grave situazione politica generale, denunciarono sempre all’opinione pubblica gli atti di violenza che venivano perpetrati a scapito dei consiglieri comunali e dei cittadini democratici. Cio’ provoco’ nel marzo ‘22 che un gruppo di fascisti assali’ il sindaco R. Bassi tentando di scagliarlo giu’ dal ponte sull’Idice, ma il tentativo falli’ per il sopraggiungere di alcune persone. Il 2 giugno 1922 il sindaco, in giunta, riferì che due gregari fascisti gli avevano comunicato che “nell’interesse della pacificazione” [il comando militare fascista] “richiedeva le di lui dimissioni da sindaco del Comune”.
Nel corso della “occupazione di Bologna” da parte delle squadre fasciste accorse da tutta l’Emilia, anche a Castenaso furono compiute azioni devastanti. Il periodico socialista La Squilla il 3 giugno 1922 scrisse: “A Castenaso la Cooperativa e la Casa del Popolo che hanno sede in due distinte costruzioni, sono state incendiate con l’aiuto di benzina. Mancano per ora altre notizie anche perché i vandali, nel loro passaggio, hanno interrotto ben 17 linee telefoniche e telegrafiche. L’autorità pare completamente paralizzata…”. In effetti fu una bomba a mano lanciata dai fascisti nella Cooperativa di consumo che fece i danni e ferì il sindaco, La giunta e il sindaco si dimisero e ne diedero comunicazione al consiglio il 30 giugno. Durante la seduta, un gruppo di fascisti irruppe nella sala e pretese le dimissioni anche del consiglio, che aveva visto anche tagliati tutti i fondi delle opere pubbliche.
Il 14 luglio due fratelli mezzadri, Celeste e Luigi Grilli, accusati di aver utilizzato una trebbiatrice della Cooperativa Macchine Agricole, furono aggrediti nel podere della tenuta Brizzi-Grandi che conducevano in affitto. Luigi fu ucciso a colpi di pistola, mentre Celeste fu ferito a colpi di bastone. Il 26 aprile 1922, nel frattempo, la guida del comune era stata affidata al commissario prefettizio Adriano Cavedagni, che rimase in carica fino alle elezioni amministrative del 21 gennaio del 1923, per le quali furono presentate solo liste di fascisti o di candidati a loro graditi. Quel giorno le urne decretarono la vittoria dei fascisti (ed anche il ritorno in Consiglio comunale dell’ex Sindaco Padiglioni). Sindaco venne eletto il capitano Umberto Vandelli, che il 24 marzo 1927 sarebbe stato nominato Podestà.
La capacità di lotta degli operai fu drasticamente ridotta per i ripetuti assalti dei fascisti. Uno dei consiglieri eletti nel 1920, Pietro Tosarelli, che aveva continuato la sua attività antifascista, nel 1924, convocato nella sede del fascio con altri compagni, fu malmenato e anche negli anni seguenti Tosarelli e la sua famiglia subirono vari tipi di persecuzione. L’ex sindaco Bassi, in occasione delle elezioni del 1924, fu ad esempio bastonato all’interno del seggio elettorale e ridotto in gravi condizioni.
Una volta conquistato il potere amministrativo locale, i fascisti cercarono di condizionare tutti gli enti e le associazioni esistenti, non esitando, in caso di resistenze, a provocarne lo scioglimento. È quanto accadde, ad esempio, al corpo bandistico fiero delle sue radici parrocchiali e costretto a cessare nel 1933. Per effetto della violenza squadrista anche le cooperative cessarono o ridussero la loro attività. Ed è quanto capitò anche alla Cooperativa macchine agricole, il cui magazzino fu incendiato dai fascisti che ne rubarono le trebbiatrici, e alla coop di consumo.
L’acquisto delle trebbiatrici da parte della cooperativa Macchine Agricole fece si’ che nel ‘21 le trebbiatrici degli agrari rimanessero quasi inutilizzate. Ecco che allora nell’estate del ‘22 entrarono in scena i fascisti che dopo varie violenze culminate con l’uccisione di due agricoltori s’impossessarono delle trebbiatrici della cooperativa e poi dettero fuoco al magazzino dicendo che erano state distrutte dall’incendio.
La Cooperativa birocciai, che aveva un cospicuo patrimonio strumentale, fu invece assaltata armi in pugno dai fascisti che ne affidarono la gestione a Giuseppe Vacchi. La Cassa rurale cattolica si trovò a sua volta «in una posizione delicatissima». Non poté evitare «le pressioni esterne, i controlli, in situazione finanziaria che stava facendosi critica”. Dopo l’allontanamento dalla direzione di don Pieralli, l’istituto conobbe una radicale revisione del libro soci e snaturò le finalita’ religiose e sociali per il quale era stato creato, finendo subordinato alla Federazione provinciale delle casse rurali ed al controllo della Cassa di Risparmio di Bologna, esercitato «da esponenti tra i più cospicui di Castenaso».
A finire stravolto dalla situazione dilagante di violenza fu anche il citato concordato Paglia-Calda. Nel dicembre del 1922, due mesi dopo la marcia su Roma, entrò in vigore un nuovo capitolato sottoscritto dal sindacato fascista, dalle Fratellanze coloniche e dall’Associazione agricoltori, che ristabiliva la mezzadria perfetta ed era dunque fortemente peggiorativo rispetto alle conquiste di due anni prima.
Il ristabilimento della quiete, dopo l’uscita dalla guerra e le agitazioni del “biennio rosso”, conobbe, anche a Castenaso, non poche incrinature. L’antifascismo, come vedremo, rimase attivo durante tutto il ventennio e sempre una spina nel fianco del regime, soprattutto a partire dall’inizio degli anni Trenta, mentre le istituzioni politiche fasciste rimasero tutto sommato deboli, incapaci di far breccia tra la popolazione. Molti dei più accesi “sovversivi” furono costretti ad espatriare, soprattutto in Francia, a causa delle persecuzioni; molti altri tuttavia rimasero, costretti a manifestare il loro dissenso in famiglia o al massimo nella cerchia degli amici, pagando le conseguenze di questa scelta. I castenasesi che continuarono a coltivare la speranza in un’Italia diversa rimasero un numero consistente.
Durante gli anni del regime, otto nativi di Castenaso vennero assegnati al confino di polizia per atti d’opposizione. Cinque furono deferiti, processati e condannati dal Tribunale Speciale. I nati o residenti nel Comune schedati come “sovversivi” nel Casellario Politico Centrale erano 28, ma questa cifra ufficiale rappresentava la punta dell’iceberg del dissenso. Tra gli schedati 13 erano definiti comunisti, sette socialisti cinque genericamente antifascisti e tre anarchici. Le donne erano due.
In tema di donne, anche se per tutt’altro aspetto, e’ da ricordare in quegli anni Alfonsina Strada. Alfonsa Rosa Maria Morini nota con il nome da coniugata di Alfonsina Strada (1891 – 1959) è stata una ciclista su strada italiana, prima donna a competere in gare maschili come il Giro di Lombardia e il Giro d’Italia (1924); è ritenuta tra le pioniere della parificazione tra sport maschile e femminile. La famiglia Morini si trasferi’ da Castelfranco Emilia a Fossamarza (ora via Nasica 112) nel 1895. Nel 1911 Alfonsina si sposto’ a Milano mentre la famiglia resto’ a Castenaso fino al 1927 quando si trasferi’ a Bologna. Alfonsina da Milano torno’ a Bologna nel 1920 e a Milano nel 1926, a Cagliari nel 1931 ed infine di nuovo a Milano nel 1939 rimanendovi fino al decesso.
Negli anni tra le due guerre dal punto di vista industriale crebbe l’attivita’ della Baschieri & Pellagri, tanto che nel 1927 si effettuò la prima spedizione di polvere verso il Nord europa. In quell’anno gli addetti erano 84, ma cinque anni dopo erano già saliti a 120. Ma in quegli anni di sopraffazione e soprusi civili purtroppo si aggiunsero altre calamita’. La seconda esplosione alla polveriera di Marano avvenne il 24 ottobre 1929, provocando 28 (20?) morti e parecchi feriti. Saltarono 200 quintali di esplosivo e due terrapieni causando danni notevoli nei dintorni e distruzione pressoche’ completa di tutti i vetri del vicinato. Lo scoppio rese inabitabile il vicino palazzo Gentilini in via del Frullo ed a nulla valsero le cause intentate per il risarcimento. Il palazzo rimase semi diroccato fino al ‘47 quando venne raso al suolo ed ora rimangono solo i due pilastri all’angolo tra via Frullo e via Ca’ dell’Orbo. Pare inoltre che anche il palazzo comunale di Castenaso “tirasse” alcune crepe. Anche la chiesa di S. Cecilia della Croara (San Lazzaro) subi’ danni alle finestre e vide la sostituzione di numerosi telai e la reintegrazione dei vetri. Furono eretti due monumenti funerari per le vittime, uno nel cimitero di Castenaso, l’altro al Cimitero della Certosa di Bologna.
Sempre in quell’anno la chiesa di Marano venne ricostruita con lo spostamento dell’asse della chiesa da EST-OVEST a SUD-NORD, conservando pero’ il campanile cinquecentesco su base quadrangolare dato che gia’ nel 1918 venivano evidenziati “i costosi lavori occorrenti per il restauro e decorazione della cappella maggiore”, e nel 1927 il fabbricato viene descritto “in condizioni tali da minacciare in alcune parti di crollare” e che “sarebbe stata una spesa inutile il tentare un’opera di riparazione”. I lavori proseguirono fino al 1940 prevedendo inizialmente anche la ricostruzione del campanile che pero’ non avvenne.
Da segnalare che gli anni Trenta videro nascere e svilupparsi nuove iniziative imprenditoriali. In parte i privati si inserirono nel vuoto lasciato dal movimento cooperativo: sei coop cessarono l’attivita’ negli anni ‘20 a Castenaso a causa del fascismo. Il movimento cooperativo in tutta l’Emilia-Romagna, dopo la prima ondata di distruzioni e saccheggi degli anni 1921-1922, era stato “fascistizzato” e ridimensionato attraverso «fallimenti coatti», «ristrutturazione organizzativa» e «fusioni». Nonostante cio’ nacque la Cooperativa operai fornaciai laterizi di Castenaso – 1933, poi Societa’ anonima cooperativa lavoranti laterizi, Castenaso – 1936, che all’epoca gestiva una fornace che produceva mattoni, tegole e simili.
All’inizio degli anni ‘30 Giuseppe (Peppino) Vacchi subentrato alla conduzione dell’azienda dopo l’assalto fascista, “acquisto’”, non senza resistenze, le azioni degli operai della “Societa’Anonima Cooperativa di lavoro” fondata nel 1907, che estraeva ghiaia e sabbia dall’Idice e forniva ghiaia al Comune per la manutenzione ordinaria delle strade divenendone proprietario (1931) e fondando l’AGES: Anonima Ghiaie E Strade. Questa subentrò immediatamente alla Cooperativa, ottenendo tra l’altro dal Comune la concessione di un favorevole appalto quinquennale. Senza quasi accorgersene braccianti e birocciai si trovarono a lavorare sotto padrone.
Le attività della famiglia Vacchi risalgono agli inizi del Novecento, quando Gaetano aveva aperto a Castenaso un esercizio commerciale per la produzione e la rivendita di generi alimentari di “pizzicheria”, “drogheria”, salsamenteria” e raggiunse poi immediata fortuna anche grazie all’investimento della dote della moglie di Giuseppe, Maria Luisa Barchetti, figlia di proprietari terrieri a Bologna. Giusepe Vacchi costrui’ poi la propria fortuna nel trasporto merci (con la Società Anonima Autotrasporti Idice, sorta nel 1938), nelle costruzioni edili idrauliche e stradali e nel settore immobiliare. Nel 1944, a causa dei bombardamenti e delle requisizioni delle forze armate tedesche, la fabbrica AGES (che nel dopoguerra divenne una delle più importanti nel settore edile-estrattivo bolognese), vide completamente paralizzata la propria attività. Dopo la Liberazione, il CLN sequestrò vari beni a Giuseppe Vacchi, che fu costretto ad espatriare a causa del suo passato fascista. La ditta AGES fu affidata ad un commissario straordinario che dal luglio 1945 al settembre 1948, la gesti’ con l’imperativo di fornire materiali da costruzione alle autorità anglo-americane, dopodiché ritornò alla famiglia Vacchi, a causa anche della mancata attuazione dell’incameramento allo stato dei beni ex fascisti o di simpatizzanti, per l’insabbiamento di due proposte di legge di iniziativa popolare del 1946 e del 1949.
Sempre negli anni trenta alla morte del fondatore, l’officina Zucchi, passo’ ai figli che perfezionarono ulteriormente il prodotto, costruendo «in robusti getti di ghisa» una pompa a catena, chiamata La Rurale, capace di sollevare grandi quantità d’acqua da pozzi anche profondi. Attualmente una di queste (non funzionante) e’ esposta montata su di un pozzo, in piazzetta P. Tosarelli sul retro del secondo edificio comunale (ex palazzo sanitario).
Ebbe poi inizio in quegli anni, la trazione diesel sulla linea Bologna-Portomaggiore che venne usata, seppur in maniera incostante, affiancandosi alla trazione a vapore.
Un’altra fabbrica fu quella fondata nel 1933 da Raffaele Musiani e Luigi Calderara per la lavorazione dei salumi e la loro vendita all’ingrosso. Questa nuova ndustria, come l’Ages, confermò la vivacità imprenditoriale di Castenaso, la cui economia, anche se depauperata dell’apporto del movimento cooperativo, e dominata dalla presenza della Baschieri & Pellagri, si andò comunque via via arricchendo di nuovi protagonisti.
In campo politico-amministrativo il fascio di Castenaso non riusci’ a costruire una propria sede fino all’intervento risolutivo dell’amministrazione podestarile. Nel 1928 il Comune concesse infatti gratuitamente una propria area, mentre nel 1929 il Podestà Vandelli mise a disposizione del Fascio, sempre senza canone, diversi locali all’interno degli edifici comunali, pagando con denaro pubblico anche gli dattamenti e le necessarie manutenzioni.
Certamente non secondario, per ottenere queste larghe concessioni, deve essere stato l’intervento sull’amministrazione podestarile di un influente gerarca come Dino Grandi, che saltuariamente soggiornava a villa Brizzi. Infatti in quegli anni di affermazione del regime Castenaso ospito’ saltuariamente il noto gerarca Fascista, noto per l’”Ordine del giorno Grandi” del 25 Luglio 1943 che destitui’ Mussolini, il quale affermava “In qualunque parte del mondo io mi trovassi, non ho mai mancato di venire a trascorrere il mese di settembre nella nostra casa fuori porta San Vitale, a Villanova di Castenaso, sulle sponde dell’Idice, a pochi chilometri dalla città”. Si trattava della c.d. “villa Brizzi” (via Bovi 1) di proprieta’ della moglie Antonietta Brizzi.
Nel 1932-1933 il Comune aveva anche costruito il campo sportivo, a servizio delle scuole e delle attività giovanili del Fascio. E’ del 23-06-1931 la delibera n. 242/1931 del podesta’ Vandelli che approvava il progetto del campo sportivo per un importo di L 50.000 dandone “sollecita esecuzione anche per fronteggiare la disoccupazione”. Con delibera n. 282/1931 del 29-10-1931 si provvedeva all’acquisto dell’area dagli Ospedali di Bologna e con quella n. 351/1932 del 16-10-1932 si deliberava la costruzione della recinzione per “eliminare i pericoli per la pubblica incolumita’”. E’ poi del 1933 il primo progetto per la realizzazione della tribuna in cemento armato, tribuna che vedra’ la luce solo nel 1969.
Travagliata fu anche la vicenda dell’assistenza agli anziani inabili. L’idea del ricovero per anziani a Castenaso matura gia’ nei primi anni del XX secolo dato che i vecchi indigenti erano passati da 7 nel 1887 a 20 nel 1927. Nel 1925 la decisione del Comune di trasferirli all’ospizio di Imola, che praticava rette inferiori a quelle delle strutture piu’ vicine utilizzate fino ad allora, rese particolarmente gravosa una situazione gia’ difficile per le famiglie, aumentando il disagio ed i costi a loro carico.
Fu a quel punto che si cominciarono a raccogliere fondi da destinare ad un ospizio da costruire in loco. Il 6 dicembre 1929 il podestà Vandelli deliberò un primo contributo comunale per “destinare un fondo di 50.000 lire per la fondazione di un modesto asilo per i vecchi indigenti di questo comune” cui seguì il lascito testamentario del parroco Don Giovanni Battista Pieralli (morto il 01-06-1932), con il quale si devolvevano 200 mila lire all’erigendo ricovero “Principe di Piemonte”. Gli eredi di don Pieralli impugnarono tuttavia il testamento e nelle more della lite pendente (poi vinta dal Comune e dall’ente Comunale di Assistenza), non fu erogato né il primo contributo municipale né il secondo di 1,50 lire per abitante deliberato nel 1933.
Nel 1937 nasce un primo progetto che vede la collocazione del nuovo edificio “a croce latina” di fronte alla chiesa parrocchiale. Il respingimento sia del mutuo, troppo oneroso per il comune, che del progetto da parte della Giunta Provinciale Amministrativa blocca tutto fino al 1939. Risolutivo, in quell’anno, fu il lascito di un fondo rustico e di un fabbricato detto villa Baroni della Noce, tra la ferrovia e via Fava, da parte dei fratelli Antonio, Raffaele e Cesarina Damiani, possidenti in Castenaso, in memoria del padre Giovanni.
A quell’epoca il numero degli anziani inabili mantenuti dal Comune era cresciuto ancora, passando dai 20 del 1927 ai 24 del 1936, «con un aumento considerevole soprattutto delle degenze parziali» ed una spesa annuale compresa tra le 35 mila e le 50 mila lire a carico del Comune. La donazione pero’ ebbe effetto solo dal 1946 anno della morte di Raffaele. La cessione pero’ riguardo’solo 1/3 del fondo e degli edifici che risultavano anche danneggiati dalla guerra e fu solo nel 1949 e poi nel 1955 con la donazione dei restanti 2/3 da parte della fam. Damiani che il comune ne acquisi’ la piena proprieta’. L’ente pubblico pote’ effettivamente avviare i lavori per erigere il ricovero, che gia’ dal 1951 aveva assunto il nome di Giovanni Damiani, nel 1953 con la chiusura del primo lotto cui fece seguito nel 1955 il secondo e poi il terzo e definitivo lotto, fino all’apertura della struttura il 02 marzo 1957. Furono ben 916 i cittadini che con donazioni monetarie o in natura contribuirono all’apertura del ricovero.
In quegli anni il regime non ostacolo’ iniziative “private” che si potevano annoverare nel contesto di unita’ della nazione. Infatti anche a seguito della sottoscrizione dei “patti lateranensi” del 1929 con la Santa Sede, non vennero ostacolate “iniziative religiose”. Sorsero a Castenaso il campanile della chiesa di Madonna (1933), quello della chiesa di Fiesso fu restaurato ed alzato con una guglia nel 1933, mentre la facciata laterale dell’edificio nel 1935, fu ornata con una nicchia contenente una statua della Madonna e una lapide a ricordo dei parrocchiani di Fiesso morti o dispersi nella Prima Guerra Mondiale. Anche un nuovo campanile venne realizzato alla chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista (1940). Chiesa che anzi tra il 1939 ed il 1940 sicuramente presentava due campanili: quello vecchio nella parte centrale-posteriore destra e quello nuovo presso la facciata anteriore sempre a destra. Quello “vecchio” venne abbattuto in quanto troppo piccolo e stretto. Infatti per salire alla cella campanaria si doveva percorrere una scala a chiocciola camminando “di fianco” essendo impossibile percorrerla normalmente fronte marcia. Il nuovo campanile venne poi abbattuto dai tedeschi nel 1944, come anche il campanile della chiesa di Fiesso. A mero titolo di cronaca si cita come il minamento del campanile, effettuato dai tedeschi, non dette esito al primo tentativo per la solidita’ della costruzione. Infatti si dovette effettuare un secondo minamento aumentando le dosi di esplosivo.
Come abbiamo visto alla fine del 1937 la casa del fascio era collocata al piano terra dell’ex Casa sanitaria comunale, il Dopolavoro aveva sede nel Municipio e l’Opera Balilla nell’edificio scolastico del capoluogo. Il locale del medico condotto serviva anche come ambulatorio per l’Opera Nazionale Maternità Infanzia, e aveva sede sempre in Municipio. Tra la fine del 1937 e gennaio 1938 vi fu inoltre l’inaugurazione di una potente stazione radio da parte di Guglielmo Marconi. [non e’ dato sapere ove si trovasse ma e’ facile presumere che fosse collocata all’interno della caserma in quella che divenne via XXV Aprile. nda]
L’Annuario generale d’Italia, nel 1940 segnalava a Castenaso anche la presenza di un servizio di autocorriere per Bologna e Ravenna e due filiali di importanti istituti di credito: la Cassa di Risparmio di Bologna ed il Credito Romagnolo. Nonostante cio’ dal 1931 al 1940 il costo della vita aumento’ del 82% mentre i salari aumentarono solo del 23% mentre dal 1928 al 1940 i capitali delle grandi societa’ monopolistiche aumento’ del 43%.
In questo decennio la lotta antifascista pero’ non ebbe tregua. A Castenaso continuarono gli arresti dei “sovversivi”: E. Marabini poi deferito al tribunale speciale, fu arrestato con altri 88 appartenenti ad un’organizzazione comunista di Imola nel novembre del 1930. Sempre nel 1930 altri tre cittadini, poi deferiti al tribunale speciale, Neri, Ponti e Tosarelli furono arrestati in un’altra retata contro centinaia di comunisti bolognesi e processati l’anno seguente per «ricostituzione del Partito Comunista» e «propaganda sovversiva». Nella stessa retata venne arrestato anche l’imolese Luigi Baffè, attivo a Castenaso.
Montanari era stato arrestato insieme a molti altri bolognesi accusati di far parte di un’organizzazione comunista attiva negli anni 1936-37, che «era riuscita a sviluppare un’efficace azione nei sindacati fascisti, tra i disoccupati nell’ambiente universitario». Tra i principali antifascisti attivi a Castenaso (ma non nativi del luogo) vanno aggiunti Luigi e Bruno Roncarati e giacomo Masi. Il primo era presidente della Cooperativa Macchine Agricole mentre Bruno, affittuario e tra i fondatori della sezione comunista, venne arrestato nel 1927 e condannato a cinque anni di confino (mori’ in ospedale a Napoli nel 1939). Masi venne invece arrestato nel dicembre del 1934 e condannato dal Tribunale Speciale a otto anni di carcere per «intensa attività di propaganda verso i giovani e nelle associazioni di massa fasciste».
Da segnalare poi che tre comunisti castenasesi si arruolarono nelle milizie antifranchiste nella guerra di Spagna e parteciparono a numerosi combattimenti: Dino Manini morì nel 1941 nel campo di concentramento francese di Vernet-d’Ariège; Amedeo Marabini fu internato in Francia e nel 1942, tradotto in Italia, venne condannato al confino per quattro anni; Pietro Tosarelli, arrestato in Francia nell’Aprile del 1941, venne condotto in Italia, dove subì una condanna a 15 anni di carcere dal Tribunale Speciale.
Si arrivo’ cosi’ allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Al tempo di guerra al polverificio di Marano arrivavano tramite la ferrovia “della Piccola Velocita’ (Veneta) trenta o quaranta vagoni di tritolo dalla Germania ed altri vagoni di legna e carbone al giorno. Il polverificio contava oltre 2.000 addetti (700 nel 1938-’39 e 800 nel 1943).
Il 30 Agosto del 1940 avvenne uno scoppio. All’inizio la censura del regime ammise solo 10 caduti, saliti poi a 38 e numerosi feriti, mentre poi si scopri’ che il bilancio fu di 103 vittime e oltre 500 feriti. [alcune fonti lo citano come opera di sabotaggio. Ritengo assai improbabile cio’ mancando un’utilita’ reale alla sua realizzazione e per il numerosissimo numero di morti tutti delle classi piu’ disagiate. Forse trattasi di voci artatamente messe i giro dal regime per giustificare l’evento catastrofico nda].
Dopo lunghe e laboriose trattative col governo viene riadattato lo stabilimento e riavviata la produzione ma gia’ il 20 settembre 1941 avviene un’altra esplosione di un carico di fulmicotone durante lo scarico, provocando 4 morti e diversi feriti e ingentissimi danni a impianti e fabbricati.
Sempre in campo educativo si segnalano, nel 1931 la costruzione delle scuole di Madonna a seguito della donazione della contessa Tacconi del conte e marchesa Malvasia Tortorelli, in sostituzione dei locali di un’abitazione privata dove la maestra teneva lezione alle classi I, II e III. Successivamente vi fu anche l’attivazione delle scuole di Veduro, l’erogazione di un contributo per l’ampliamento dei locali dell’asilo gallassi, il sostegno economico al doposcuola realizzato dall’Opera Nazionale Balilla (ONB) e l’attivazione di un corso post-elementare di disegno ed agricoltura. Il podestà deliberò un contributo all’ONB «per l’istituzione del corso di insegnamento di musica e canto alle scolaresche ed alla gioventù Fascista», aggiungendo un nuovo tassello all’opera di penetrazione nelle istituzioni scolastiche e di condizionamento del tempo libero e delle coscienze dei giovani.
Nel corso degli anni Venti e Trenta il Comune si fece carico di tradurre in atti le varie politiche propagandate dal regime, a partire da quella demografica. Il podestà deliberò a più riprese premi di nuzialità e di natalità a favore delle famiglie che avessero generato almeno tre figli e non risultassero iscritte nei ruoli delle imposte dirette per un reddito superiore a 1.500 lire, ma anche “provvedimenti a favore di famiglie numerose” che avessero piu’ di otto figli viventi ed un reddito non superiore a 1.000 lire. In quest’ultimo caso la delibera fu corretta qualche anno dopo per includervi anche le «famiglie coloniche» con un reddito superiore alle 1.000 lire, dato che rappresentavano la quasi totalità di quelle presenti sul territorio comunale. Il podestà provvide inoltre all’invio nelle colonie marine di alunni poveri delle elementari (27 furono i beneficiari nel 1927) e ad erogare contributi a favore del comitato locale pro-Natale per i Poveri e Befana fascista, che si era nel frattempo costituito.
A fronte di queste forme di beneficenza, assimilabili piu’ alla carita’ di inizio secolo che a moderne forme di assistenza, vi era la situazione disastrosa in cui versavano nel 1935 diversi agglomerati di case operaie, come l’abitato Molino e la località Stellina. Il canale che un tempo serviva per la forza motrice del molino, a sud-est del capoluogo, era ormai da molti anni inattivo e seminterrato, privo di manutenzione, soggetto a frane e ricoperto da vegetazione spontanea. gli abitanti, inoltre, vi gettavano «ogni sorta di immondizia e di residui» e vi immettevano «acque luride provenienti da lavandini, lavanderie e cantine».
Nella borgata di Stellina, caratterizzata da «numerose abitazioni e pubblici esercizi», mancava invece «una fognatura di raccolta delle acque chiare» e di quelle «nere». Accanto alle abitazioni c’erano pollai e «grandi porcilaie» prive di «pozzetti di raccolta delle urine e delle feci», concimaie scoperte e di dimensioni insufficienti. Mancavano inoltre latrine e lavanderie ed anche la raccolta dei rifiuti e la pulizia dei cortili risultavano insufficienti: nel 1931 il comune aveva istituito un servizio di nettezza urbana con raccolta di immondizie, ma solo per il capoluogo e la frazione di Fiesso. A causa anche della posizione dei fabbricati di Stellina, costruiti più in basso rispetto ai terreni circostanti, «lo smaltimento delle materie e delle acque impure provenienti dalle case e dal macello» davano luogo a «ristagni» e «pozzanghere con le relative esalazioni». Il problema dell’acqua potabile e dello scolo delle «acque nere» di gran parte dell’abitato si trascinò ancora a lungo senza soluzione. Uno studio sulla realizzazione dell’acquedotto del 1935 scarto’ molte delle soluzioni proposte fino ad allora, individuando le migliori acque della zona nelle falde alla Croce del Biacco.
Anche dalle ex Officine, trasformate in caserma del 6^ autocentro, le «acque nere» scolavano in un canale in disuso vicino alle case popolari creando un «grave pregiudizio per la salute pubblica». Un altro problema ereditato dalle varie amministrazioni che si erano succedute fino ad allora riguardava la sistemazione idraulica dell’Idice e le escavazioni selvagge che vi si praticavano. Nel 1930 il podestà Vandelli introdusse un pedaggio per i veicoli «a trazione animale o meccanica» oltre i tre quintali di peso che attraversavano la via Fiumana [forse Fiumana sx. nda], in considerazione dei danni subiti dalla strada per il trasporto di carichi di materiali estratti dall’Idice e dalle «escavazioni praticatevi senza regola». Il 15 settembre 1932 il decreto reale n. 1902 rese obbligatorio il consorzio idraulico di inalveamento del fiume, fra il ponte della via Emilia (in territorio di San Lazzaro di Savena) e il passo della Rabbuina (nel Comune di Budrio). Il Consorzio idraulico (che aveva sede proprio a Castenaso, in Municipio) era formato da tutti i proprietari e possessori, enti o persone fisiche, titolari di beni immobili che ricavavano “un utile diretto o indiretto» dalla sistemazione dell’Idice.